Politecna Europa ha raccolto questa sfida, unendo l’esperienza nella conservazione con un approccio progettuale innovativo. Un esempio concreto è rappresentato dal progetto sull’ex Caserma Randaccio: qui stiamo lavorando per ridare vita a un edificio storico attraverso un intervento che lo trasformerà in un polo per uffici moderni, integrando soluzioni sostenibili e rispettose del contesto architettonico originale. Per approfondire il tema, abbiamo intervistato Marco Nota, architetto e responsabile della Conservazione dei Beni Storico-Architettonici in Politecna, che ci ha guidato in un affascinante percorso tra l’eredità storica e il futuro degli spazi.
Marco, perché è importante riqualificare architetture storiche?
L’architettura storica è parte della nostra identità collettiva. Spesso tendiamo a pensare sia lì solo per essere contemplata. Al contrario, l’architettura storica risente del tempo e delle sue trasformazioni, ed è compito dei progettisti far sì che non perisca nel tempo ma che resti attuale. C’è poi un tema di sostenibilità: pensiamo a quanto suolo viene consumato oggi per costruire nuove architetture, lasciando invece cadere in disuso quelle esistenti: il nostro territorio vanta un patrimonio immenso di caserme, palazzi, ville, teatri, che sono state sconfitte dal tempo ma che, se accuratamente recuperate, possono essere riabilitate e riportate in luce.
Quali sono le sfide principali di chi progetta in contesti storici?
La sfida principale è armonizzare le esigenze normative con quelle del progetto. In Politecna, anche grazie alla contaminazione virtuosa con Planet Smart City, abbiamo a cuore i temi dell’innovazione e siamo sempre alla ricerca di nuove soluzioni che migliorino l’esperienza delle persone. La sfida è vedere nelle norme conservative non un limite ma un’opportunità. In Politecna abbiamo costruito un ampio ventaglio di progetti esemplari in questo senso. E oggi siamo tra le società italiane di maggiore successo nell’ambito della riqualificazione del patrimonio edilizio.